Nel linguaggio delle classi politiche dominanti da tempo ricorrono due parole chiave: emergenza e responsabilità. Nella Storia dichiarare un’emergenza è servito anche per aggirare norme ordinarie e costituzionali, in un ab/uso che diverse volte si è fatto prassi di governo. Quando ciò avviene, il richiamo alla responsabilità, irreggimentato dal martellamento massmediatico, fa assumere come necessari gli interventi poi imposti. Si sono affinate le tecniche per esasperare i toni, accendere gli animi, alimentare contrasti civili e relativi corredi di odi e di rancore, dettando pure i termini dello scontro. Pare proprio vantaggioso lacerare un Paese, tenerlo diviso lungo una faglia non di interessi reali, ma dentro un perimetro di questioni speciose e di artificiose paure. In tal senso è forse l’immigrazione il precedente divisivo più significativo e più manipolato di questi ultimi anni, prima della crisi pandemica. Rispetto a questo agire delle classi dominanti, diventa a maggior ragione essenziale comprendere le situazioni, avere una visione d’insieme, perseguire un mondo diverso da quello disegnato dal liberismo, prospettare vie d’uscita percorribili, saper impostare i termini, essere politicamente organizzati. Gli effimeri movimenti “no-qualcosa” del momento sono destinati ad essere neutralizzati o anche strumentalizzati.

In relazione alle emergenze proclamate di volta in volta dalle classi dirigenti ‘liberal’ sedicenti responsabili è necessario far emergere le irresponsabilità, disvelare la loro non credibilità. L’emergenza dei conti pubblici, del debito (estero!) esploso con l’ingresso nel combinato UE-euro è (stata) la giustificazione delle classi dirigenti liberali per imporre al senso di responsabilità dei cittadini le ‘austerità’, le privatizzazioni, i tagli nei servizi pubblici, le compressioni dei diritti sociali. Con il binomio emergenza-responsabilità si sono imposte “riforme strutturali” sulle pensioni (gli anziani dovevano accettare di buon grado i tagli per consentire ai giovani la pensione domani), sul lavoro (accettare di buon grado i tagli ai diritti, financo il licenziamento, per far posto ai figli, ai giovani con ovviamente nuove fattispecie contrattuali), sul diritto di sciopero (responsabilità verso l’utenza e quindi restrizioni progressive) e potremmo continuare sino all’oggi in tema di “green pass” (sul quale va riflettuto su come le sue implicazioni, quand’anche giustificate sanitariamente, possano avere o abbiano già un impatto devastante sulla democrazia, già fortemente compromessa dall’involuzione liberista degli ultimi decenni) e di vaccini.

“Vaccinarsi è da responsabili”. Se davvero lo si ritiene, perché non dotarsi anche dei vaccini cubani che utilizzano un metodo di immunizzazione già collaudato e sicuro, del cinese Sinopharm, del russo Sputnik? Oltre a consentire la libertà di scelta (neutralizzando così i dubbi sui vaccini Rna), ci sarebbe una maggiore disponibilità di dosi. Elemento, questo, fondamentale per consentire -così come il governo sostiene- una vaccinazione di massa in tempi brevi. 

La subalternità dell’Italia agli Stati Uniti annichilisce salvaguardia della salute collettiva e criteri di precauzione? È indice di responsabilità questo? Lo sono altrettanto i decenni di tagli e di smantellamento ‘made in UE’ della sanità pubblica? Lo è l’aver favorito da tempo, e ancora con l’attuale governo Draghi, la deriva aziendalistica, privatistica attenta non alla salute (pubblica) ma alla malattia (profitto)? È indice di responsabilità perseverare sul regionalismo differenziato (riforma del Titolo V) che ha fallito nell’affrontare la pandemia? Salute pubblica e sistema sanitario, proprio ad opera di chi oggi se ne erge a tutore, sono stati messi in crisi! E ora? Si continuano a chiudere strutture ben più di quante se ne aprano; si riducono gli investimenti in formazione, ricerca, strutture, personale medico e infermieristico; la medicina territoriale è ridotta all’osso; la prevenzione in svariati ambiti (epidemiologico incluso) è pressoché inesistente. Enfatizzano la “pioggia di miliardi” (prestiti e finanziamenti a fondo perduto, tutti però condizionati…) del Recovery Fund dell’Unione Europea, cianciano di fondi cospicui per la sanità poi, da responsabili, conferiscono somme ridicole e già prefigurano tagli di spesa. Pressoché nulla si sta facendo perché altre pandemie non si susseguano (non solo in termini di prevenzione in ambito sanitario, ma anche in riferimento al modello di sviluppo, responsabile -attraverso lo sfruttamento capitalistico della fauna e della biosfera- di quella promiscuità che favorisce la trasmissibilità dei virus tra animale e uomo), nel granitico convincimento che si tratti di incidenti biologici casuali da contrastare solo con farmaci e vaccini.

Si avvicina l’autunno, tra crisi economica, licenziamenti, caos scuola, incertezza sanitaria… La sfida è questa. O immaginare cospirazioni e macchinazioni ad opera di entità occulte e intangibili (le “élite pedosataniste”, il “Deep State”, la “dittatura sanitaria globale”) o dei perfidi “Cinesi”, nemici rispettivamente semplicistici e ‘occidentali’ da odiare, assolvendo le responsabilità delle classi dominanti capitalistico-atlantiche e dei loro irresponsabili governi, ben contenti di enfatizzare queste ‘narrazioni’, oppure agire per portare la protesta ad un piano più alto, per la sanità pubblica, universale e gratuita.

Come Indipendenza, unitamente ad altre tematiche che concorrano al ‘salto di qualità’ delle mobilitazioni di cui sopra, continueremo ad operare, anche a Roma, in vista delle elezioni del 3 e 4 ottobre al Comune e nei quindici municipi di Roma, con la lista Revoluzione Civica di cui siamo parte e che invitiamo, per chi può, a votare.

Indipendenza
(n. 51 – settembre/ottobre 2021)